Philipe Daverio: impariamo tutti ad essere come Goethe nel suo viaggio in Italia

Philippe Daverio, storico dell’arte, docente, saggista, dandy della cultura con l’inseparabile papillon che si adatta ad ogni occasione. Profondo conoscitore di tutto ciò che è arte, divulgatore del “bello” che sta in Europa, con esaltazione dell’italianità che lo pervade. Ha accettato di presiedere la giuria dell’edizione 2019 del Premio Mestre di Pittura.

Si è esaltato nell'analizzare i 53 quadri selezionati per la fase finale, tutti, dice, avevano la titolarità per ambire al podio, a suo giudizio la qualità delle opere è stata ottima, tutti i quadri esprimevano la sensibilità dell’autore.

Professor Philipe Daverio, un giudizio sul Premio Mestre di Pittura.

Tantissimi partecipanti e buona qualità. Il che dimostra che in Italia si dipinge. Vede, oggi l’olio, la pittura, l’acquarello, la carta e le tele costano molto meno di quanto costassero nel Rinascimento, il meccanismo del dipingere è aperto a tutti. Così come tutti possono scrivere poesie rispetto all'Ottocento perché la carta costa meno. In questo mondo complesso bisogna trovare le qualità, e la cosa straordinaria è che la qualità esiste, c’è gente che si misura, c’è gente che collabora e che si elabora e non sono necessariamente tutti indigeni (vedi il vincitore del Premio).

Anche se non sono indigeni, cosa li anima?

L’attenzione all'italianità pittorica, il nostro territorio disperato per vari motivi, e ne ha donde, ha comunque una sua qualità: nel campo dell’arte visiva e della pittura siamo ancora i più creativi del mondo. Lo sanno tutti fuorché i curatori della Biennale di Venezia, i quali continuano a genuflettersi e buttarsi in acqua per il primo americano che passa.

Cosa fare allora?

Un giorno ci vorrà una rivolta dell’italianità contro la supremazia che ha fatto sì che siamo diventati solamente il palcoscenico delle avventure degli altri. Dobbiamo avere il coraggio di tornare sul palcoscenico ed essere protagonisti.

Nelle classifiche europee della lettura, gli italiani sono verso il fondo. Quindi, come spiega che, al contrario, i musei sono molto gettonati?

Non è vero che non siamo popolo di lettori. Gli italiani hanno delle caratteristiche in più. In Europa, i tedeschi sono grandi lettori perché non escono di casa, noi abbiamo dei luoghi fondamentali di vita, vedi bacaro, osteria, ci incontrano… abbiamo una aggregazione più complessa, un tutto che, oggettivamente, ruba il tempo alla lettura...

Però?

La quantità di libri che si vendono oggi in Veneto, penso ai premi letterari (attualmente sono il decano del Campiello), penso ai premi nell'ambito friulano (Pordenone Legge, Nonino…) mi fa dire che il mondo è diverso da quello che ci viene dipinto dalla televisione.

Le code ai musei sono sinonimo di vero interesse o un modo per dire agli amici c’ero anch'io?

Se uno si muove è perché è interessato, poi ognuno ne trae quello che può. Santa Teresa de Avila diceva una cosa molto simpatica quando le chiedevano la differenza tra un santo grande e un santo piccolo, ovvio che sono entrambi santi, ebbene lei rispondeva: è come un bicchiere grande e uno piccolo ma tutti e due sono pieni. E’ importante che colui che entra in un museo, se anche ha una percezione più contenuta, ne esca comunque con una soddisfazione piena.

Condivide la filosofia delle mostre evento?

Vanno benissimo perché è giusto che le persone vadano, però drenano risorse che non sono molte. Forse sarebbe più interessante stimolare l’attenzione ai beni storici, che sono più visibili, rispetto a quelli che devono essere accumulati di volta in volta. Ma questo non è colpa del pubblico, è colpa di chi gestisce il pubblico. Dobbiamo avere la buona volontà di informarli.

Venezia si salverà dall'invasione dei turisti?

Penso di sì. Sicuramente l’invasione crescerà sempre di più: ora la città ha 30 milioni di presenze all'anno e sembra che debba crollare. Il Louvre a Parigi conta 20 milioni di presenze all'anno e non crolla. Allora dico: se quei testoni di francesi riescono a fare entrare al Louvre quella cifra di visitatori, bisogna che si trovi una soluzione per fare entrare 30 milioni a Venezia. Forse bisogna insegnare ai turisti qualcosa di diverso, non farli andare solamente dalla stazione a Piazza San Marco, ma invogliarli a scoprire itinerari cittadini diversi per dimostrare che Venezia non è quella da cartolina, ma assai più complesso. E’ l’offerta che va resa più articolata nei confronti della domanda che è sostanzialmente incongrua, isterica, talvolta banale.